Il tracciato storico
Passata la città di Tolentino, la Via Lauretana, oggi ricalcata dalla strada Provinciale Val di Chienti, proseguiva verso il castello della Rancia. All’altezza di Montemilone, odierna Pollenza, si affacciava l’Osteria del Chienti, attestata fin dal XVIII secolo. Avanzando parallelamente al fiume, il tracciato lambiva l’Osteria di Sforzacosta, oggi in rovina, quindi lasciava la pianura per salire al colle su cui sorge Macerata.
Superata la villa suburbana dei conti Costa, i pellegrini seguendo la “salita di Sforzacosta” arrivavano al colle detto di Santa Croce, ove nel 1505 era stato fondato l’omonimo convento dei frati Minori Osservanti, quindi si scendeva a porta Romana.
Poco prima che la strada incroci la ferrovia si apre la Contrada di Fontescodella, che richiama l’omonima fonte d’acqua, che taglia verso porta Montana, passando accanto alla fonte di Santa Maria Maddalena con la vicina chiesa della Torresana, oggi immerse nella vegetazione, quindi risalendo al convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, ove oggi si trova il Convitto Nazionale. Dal convento di Santa Croce, del quale ora permane soltanto la chiesa, la via Lauretana scendeva lungo lo stradone detto degli Zoccolanti, in memoria dei frati che lì si trasferirono dalla chiesetta della Pietà, ancor oggi presente lungo la “via alla Villa Potenza”, per erigervi la nuova sede al principio del XVI secolo, la quale per questo fu detta “della Pietà Nuova”.
Lungo il viale, che terminava con i “Tre Archi”, ovvero il Porton Pio, poderosa struttura a tre fornici eretta nel 1625 in onore del card. Pio di Savoia ora non più esistente, nel 1650 il Comune di Macerata aveva fatto edificare dodici piccole cappelle con le stazioni della via crucis.
Oltre le Tre Porte correva lo stradone di Porton Pio, aperto nel 1579, ove aveva sede la stazione di posta dei cavalli e su cui venne a strutturarsi il borgo dal 1882 intitolato a Cavour, ma un tempo detto Boncompagno in onore di Gregorio XIII allora regnante, così come la porta in fondo alla via, altrimenti nota come porta Romana, progettata da Pompeo Floriani la quale segnava l’ingresso principale alla città.
Il tracciato per Abbazia di Fiastra (variante consigliata)
Il percorso proposto, per la sua grande bellezza paesaggistica, i valori di culto ed anche per ragioni di sicurezza, si attesta più a sud, passando per la Divina Pastora fino a lambire l'abbazia di Chiaravalle di Fiastra , prima di salire a Macerata, con arrivo alla chiesa dei Cappuccini, appena fuori le mura della città.
Da Tolentino alla Divina Pastora: il cammino riprende dal santuario di San Nicola. Dalla piazzetta, oltre la porta del Ponte e, superato viale Filzi, si attraversa il Chienti, passando sul ponte del Diavolo. Proseguendo sulla provinciale 125, si gode del tracciato, sinuoso tra le campagne solcate dal Chienti, fino a giungere alla chiesa rurale della Divina Pastora, all’incrocio con la strada Provinciale 41.
Dalla Divina Pastora all’Abbazia di Fiastra: proseguendo lungo la Provinciale 125 si raggiunge la cima del colle tra le valli del Chienti e del Fiastra: la fatica della salita è ripagata dal paesaggio. A nord il Castello della Rancia che domina la pianura, a sud il centro storico di Urbisaglia, sede di vestigia romane. Poco oltre, si entra nella Riserva Naturale dello Stato “Abbazia di Fiastra”, area di notevole interesse naturalistico, di proprietà della Fondazione Giustiniani Bandini, dove si trova l’abbazia di Chiaravalle di Fiastra, di grande rilievo storico architettonico, luogo di ristoro e culto per i pellegrini.
Dall’Abbazia di Fiastra a Macerata: continuando il cammino, si raggiunge la rotonda di Passo del Bidollo, per poi procedere oltre il Chienti, fino a borgo Sforzacosta; dove, oltre la chiesa di San Giuseppe, si raggiunge lo stabile dell’antica osteria. Presa la Provinciale 485, che si lascia verso contrada della Pieve, si gira per la strada Comunale di Corneto, verso il colle di Macerata. Qui, da via Cincinelli si potrà raggiungere, in via San Francesco d’Assisi, la chiesa dell’Immacolata Concezione, annessa al convento dei Cappuccini.
Anteprima tappa a 360°
I BORGHI E LE CITTA'
MACERATA
La città di Macerata siede su un colle ubicato tra i fiumi Chienti e Potenza.
Vuole un’antica tradizione che essa derivi dalla città picena di Helvia Recina, di cui ancora si scorgono le rovine sulla riva destra del Potenza. Decaduta Recina, i suoi abitanti si sarebbero rifugiati presso il promontorio su cui ora sorge il capoluogo. Certo è che tra il tramonto di quest’ultima e la prima attestazione di una «terram de Maceriatinis» corrono almeno sei secoli; tale dicitura compare infatti nel diploma imperiale del 967 di Ottone I. Il libero Comune nacque invece nel 1138. Nel Catasto del 1268 risultano definiti quattro quartieri, di San Giuliano, di Santa Maria, di San Giovanni e di San Salvatore. Nel 1290 fu dato avvio allo Studio di Giurisprudenza e al principio del XIV secolo Macerata iniziò ad essere la sede preferita dei Rettori e dei Vicari della Marca, della Tesoreria e della Curia generale. Meritatasi il titolo di «Diletta e fedele» da parte di Innocenzo IV, nel 1320 fu da Giovanni XXII eretta a sede vescovile, immediatamente soggetta al Romano Pontefice. Nel 1392, Bonifacio IX le concesse il privilegio di battere moneta. Terminato il dominio sforzesco, vi si stabilirono in via definitiva i Cardinali legati della Marca. Nel corso del XVI secolo giunsero a maturazione quelle trasformazioni, avviate già in quello precedente, che conferirono alla città la struttura urbana attuale. Tra il 1521 e il 1524 venne ultimata la cerchia muraria. Nuovi ordini religiosi si aggiungevano a quelli già presenti, tra i quali la Compagnia di Gesù, stabilitasi a San Giovanni. Ad esercitare l’ufficio di tesorieri della Marca vi erano banchieri senesi e fiorentini. Nel frattempo, nel 1540 Paolo III aveva fondato in Macerata l’Università, mentre Sisto V nel 1589 elesse la città, allora caput Marchiae Anconitanae, quale sede del Tribunale della Sacra Rota 158. Assai violenta fu l’invasione da parte delle truppe francesi, nell’estate del 1799, quando misero la città a ferro e fuoco e uccisero circa trecento cittadini, tra cui molte donne. Nell'ordine restaurato, Pio VII la dichiarò capoluogo di Delegazione apostolica, che comprendeva i Distretti di Macerata, Fabriano, San Severino e Recanati; quest’ultimo inglobava il Governo commissariato di Loreto. Dal 1986, Macerata è sede della Diocesi unificata di Macerata-TolentinoRecanati-Cingoli-Treia.
Patroni principali della città sono la Madonna della Misericordia, cui la città è stata pubblicamente consacrata nel 1952, e San Giuliano ospitaliere; ne sono compatroni San Leonardo confessore, San Pietro martire, San Felice vescovo e martire, San Filippo Neri, San Diego confessore e San Vincenzo Maria Strambi.
Testimonianze della devozione lauretana sono gli altari a “cornu evangelii” rispettivamente nella cripta della Cattedrale e nel transetto sinistro della collegiata di San Giovanni; quest’ultimo, detto anche del Sacramento, ornato di pregevoli marmi per l’eredità lasciata da Sforza Compagnoni nel 1649, entro una nicchia sul dossale presenta una statuetta policroma della Madonna di Loreto. Nel sottostante oratorio della Congregazione dei Mercanti e degli Artisti, tra le rappresentazioni simboliche delle Litanie Lauretane, compare anche la Traslazione della Santa Casa. Si fa menzione infine di una tela di autore ignoto, già della collezione Irene Costa Ciccolini ed ora della Pinacoteca Comunale; fu dipinta a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo. Sulla Porta di San Giuliano, infine, si osserva entro una nicchia la Traslazione della Santa Casa dipinta ad olio su lamiera di zinco da Elia Bonci e qui collocata il 10 dicembre 1920.
POLLENZA
Già nota nel medioevo col toponimo di Montemilone, Pollenza deve il suo nome attuale alla vicina città romana di Pollentia. Libero comune attestato fin dal 1201, sorge su una dolce altura interposta tra il Chienti ed il Potenza, a metà strada tra Tolentino e Macerata. Assai ragguardevole è l’abbazia benedettina di Rambona, non lontana dal centro storico, che fu fondata dalla regina longobarda Ageltrude nel IX secolo, e dedicata ai Santi Gregorio, Silvestro e Flaviano. Ebbe giurisdizione dalle pendici dei Monti Sibillini alla foce del Potenza. Qui sono venerate le spoglie di Sant’Amico abate. La battaglia di Tolentino, del 2 e 3 maggio 1815, è anche detta di Cantagallo, frazione di Pollenza, dove ebbero luogo violenti scontri tra le truppe napoletane e quelle austriache.
Patrono: San Giovanni Battista – Sant’Antonio abate.
TREIA
Già città del Piceno, Trea fu municipio romano dalla metà del I secolo a.C. poi distrutta nel 404 da Alarico. Nel VI secolo perse la sede vescovile. Sorse di nuovo col toponimo di Montecchio e nell’XI secolo di costituì in Comune, di parte guelfa. Fu elevata a Città nel 1790 da Pio VI, quando le restituì l’antico nome romano. Intanto nel 1782 erano stati avviati i lavori per la costruzione della nuova chiesa della Santissima Annunziata su progetto di Andrea Vici, poi aperta al culto nel 1814, quando venne consacrata da San Vincenzo Maria Strambi. Nel 1817 Pio VII ne fece la cattedrale della diocesi di Treia, ricostituita appena un anno prima. A Treia ha inoltre sede l’Accademia Georgica, fondata nel XV secolo. Nel monastero di Santa Chiara si custodisce una statua della Madonna di Loreto che si tramanda fosse stata originariamente venerata nella Santa Casa di Loreto, qui messa a riparo dalla truppe francesi durante l’occupazione napoleonica, quando venne sostituita con una copia.
Patrono: San Patrizio vescovo.
URBISAGLIA
Nata nel I secolo a.C. come città picena, divenne in seguito colonia e municipio romano. Agevolata dalla sua collocazione territoriale, all’incrocio della strada che univa Firmum e Settempeda con la Salaria Gallica di congiunzione tra Ricina e Asculum, fiorì tra l’età tiberiana e l’età flavia, quando fu dotata di imponenti edifici pubblici, per poi capitolare nel 409 quando venne distrutta dalle truppe di Alarico. Dal 1303 sotto il dominio di Tolentino, che nel 1497 ottenne da Alessandro VI il permesso di erigervi la rocca, fu presa alle dirette dipendenze della Santa Sede da San Pio V nel 1569. Tra il 1790 ed il 1800 fu edificata la collegiata di San Lorenzo, nel cuore del borgo, affrescata nella prima metà del ‘900 da Ciro Pavisa. Sono inoltre presenti il Parco Archeologico di Urbs Salvia, il più esteso delle Marche, ed il Museo Archeologico Statale di Urbisaglia. Attuale arcivescovo di Urbisaglia, che seppur soppressa nel V secolo è stata ricostituita nel 1968 come sede titolare, è mons. Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia.
Patrono: San Giorgio martire.
LA BELLEZZA CHE TROVI SULLA VIA LAURETANA
TOLENTINO
Il ponte del Diavolo deve il nome ad una leggenda legata alla sua costruzione. Mentre mastro Bentivegna – tramanda la tradizione – ne stava attendendo alla realizzazione, ma senza successo poiché l’impeto del fiume ostacolava l’avanzare dei lavori, decise di stringere un patto col demonio. Questi gli assicurò la conclusione dell’opera in una sola notte, tuttavia in cambio si sarebbe preso l’anima del primo passante. Pentitosi però di quello che aveva fatto, Bentivegna ricorse da San Nicola che escogitò uno stratagemma. Ultimato il ponte egli lo benedì, quindi vi fece rotolare una forma di formaggio. Mentre un cane la inseguiva, ecco che il diavolo comparve in un bagliore di fiamme con puzzo di zolfo per rapirselo. Infuriato per essere stato beffato, tentò invano di rovinare la struttura con una cornata, il cui segno si osserva anche al presente.
Il Castello della Rancia fu voluto nel 1352 come luogo di dimora e per la conservazione e difesa delle derrate alimentari, da Rodolfo II da Varano che ne affidò la costruzione a Tommaso Berottini di Montemilone e Andrea Beltrame di Como. Parte delle strutture furono recuperate dal più antico castellare di Butino che insisteva sull’area. Nel 1355 l’opera era compiuta. Di fronte ad esso, al di là della strada, stava l’Osteria della Rancia, ove già dal XV secolo era attestato un ospizio gestito dai Cardinali commendatari dell’abbazia di Fiastra; fu demolita nell’Ottocento. Al contrario si conserva l’arco trionfale fatto erigere dal marchese Alessandro Bandini Collaterali in onore di Pio VI che qui fece sosta nel viaggio da Macerata a Tolentino di ritorno da Vienna, il 9 giugno 1782. Dall’arco in muratura si accedeva ad un delizioso casino allestito con strutture effimere dall’effetto scenografico, arabeschi di bosso ed agrumi, dove il Santo Padre fu accolto con la corte pontificia.
ABBAZIA DI FIASTRA
La Riserva Naturale dello Stato “Abbadia di Fiastra”, istituita nel 1984, è ampia 1.800 ha ed ha per cuore la Selva che si estende per circa 100 ha sul versante destro della valle del Fiastra, area di notevole interesse naturalistico. E' cinta all’intorno da aree agricole facenti capo alla Fondazione Giustiniani Bandini, ente gestore della Riserva, costellate da circa 80 case coloniche per lo più sorte costruite nel XVII secolo, alcune di particolare valore. Tra queste la “Brancorsina”, che si trova 700 m prima del bivio con la strada Provinciale Piane di Chienti. La Selva della Riserva Naturale “Abbadia di Fiastra” rappresenta quanto ad oggi rimane dell’antico bosco planiziale che in origine ricopriva la fascia collinare delle Marche, giunto ad oggi intatto. Sono qui presenti la farnia, del tiglio e dell’ontano nero.
L’abbazia di Chiaravalle di Fiastra fu fondata nel 1142, vivente San Bernardo, dai Cistercensi di Chiaravalle di Milano. I monaci, costruirono il tempio anche cavando materiale dalla vicina Urbs Salvia, procedettero altresì alla bonifica dei terreni. L’abbazia, saccheggiata da Braccio da Montone nel 1422, fu in seguito amministrata dai Cardinali commendatari. Nel 1581 la proprietà fu affidata ai Gesuiti che la detennero fino alla loro soppressione nel 1773 quando passò alla famiglia Bandini. Fu l’ultimo principe, Sigismondo Giustiniani Bandini, morto poco più che trentenne nel 1918, a volere che con tutto il suo patrimonio, indiviso, fosse istituita una fondazione di agraria per l’istruzione e la formazione dei contadini che egli aveva amato come suoi figli.
Un vialetto alberato introduce i grandi spazi dell'abbazia di Chiaravalle di Fiastra. Sulla sinistra sta l’ex Infermeria, oggi sede del Punto informativo, a nord l’ex Ospizio dei pellegrini, di fronte la chiesa abaziale di Santa Maria. Officiata dai monaci Cistercensi, ha una cappella dedicata alla Madonna di Loreto, con affreschi di scuola bolognese del XVII secolo.
TREIA
POLLENZA
Lungo la provinciale che collega Tolentino a Passo di Treia si trova l’Abbazia di Rambona. Nel IX secolo la regina longobarda Ageltrude avrebbe fatto costruire una chiesa sui resti di un tempio pagano alla Dea Bona (da cui Rambona). Oggi restano un presbiterio sconsacrato e la cripta suddivisa in navatelle da colonne romane con capitelli romanici, di grande bellezza; gli affreschi dell’abside sono riconducibili alla scuola di Lorenzo Salimbeni. Notevoli anche le absidi esterne scandite, in senso verticale, da colonnine di pietra bianca.
MACERATA
La chiesa dell’Immacolata Concezione fu costruita su progetto del fr. Angelo da Cassano d’Adda tra il 1887 ed il 1897. Non lontano presso il borgo di San Giovanni Battista oggi Cairoli in realtà nel XVI secolo i Cappuccini avevano costruito una precedente chiesa con loro convento, per le offerte della dama Margherita Ricci, che il p. Civalli definì uno dei migliori della Provincia. Nel 1791 vi morì il p. Cassiano Beligatti, apostolo del Tibet. Nel 1700 fu dato alle fiamme dalle truppe francesi. Ritornati i religiosi nel 1821, furono nuovamente espulsi con l’annessione delle Marche al Regno d’Italia ed il convento trasformato in Ricovero di Mendicità, ove ora risiede l’Ospedale Civile.
Inserire foto di
– Palazzo Boncompagni
Per maggiori informazioni a livello storico si può consultare il terzo volume dell'arch. Giacomo Alimenti dal titolo "L'Antica Via Lauretana: itinerario «sì corporale, come spirituale» da Roma a Loreto" edito dalle Edizioni Università di Macerata, anno 2016.
E' stata realizzata e messa a disposizione gratuitamente l'app "Cammini Lauretani" per iOS e Android.